Nicola Aquamonti e Jacopo

Nicola Aquamonti e Jacopo

INCIPIT

Lunedì

La cerimonia per le nozze dello psicologo Nicola Aquamonti e di Pamela Assorri era stata molto semplice, ma fortemente sentita. Il celebrante era un amico, don Paolo Gallo, cappellano militare col grado di colonnello. Aveva preparato un eccellente sermone, dove encomiava la professionalità dello sposo e le capacità poliedriche della sposa, che andavano dalla traduzione di testi filosofici in lingua inglese all'insegnamento di arti marziali. E si era complimentato con la coppia per non avere attirato su di sé gli sguardi di molti curiosi, conosciuti com'erano. Infine aveva citato un filosofo, per non trascurare l'aspetto anche laico della cerimonia: "Voglio ricordarvi una sentenza di Nicola Abbagnano: Il matrimonio è una libertà in due, non l'annullamento della libertà nell'uno o nell'altro".

La funzione si era svolta in una chiesetta di sobrio stile romanico, sperduta sulle propaggini di una vallata montana nota per il riserbo dei suoi abitanti. C'era stato un accordo fra Nik e Pamela: tu non inviti la marea dei tuoi conoscenti, e io non invito la mia. Li incontreremo dopo, anche singolarmente, se sarà il caso. Nessuno sarà dimenticato, ma che il nostro matrimonio sia un evento condiviso con pochi intimi che ci vogliono bene. Così si erano veramente trovati in pochi, ma amici veri, amici con tutto il cuore.

"Dove sposarsi?", si era chiesto lo psicologo tempo prima, quando avevano finalmente deciso di ‘convolare a giuste nozze', come aveva scritto Sara, la loro amica giornalista, nel biglietto di auguri. Non era il luogo, ma il modo, che lo faceva riflettere. Diversi amici e conoscenti si erano sposati soltanto in municipio, e sembrava quasi che il matrimonio in chiesa fosse superato. Lui non avrebbe avuto problemi, perché con Pamela avevano sempre pensato al matrimonio religioso. Ma i molti esempi di matrimonio soltanto laico l'avevano indotto a rifletterci.

Aveva quindi preso a ragionare sul dilemma se sposarsi in chiesa o soltanto in municipio. Ci rifletteva da qualche giorno, esaminando i pro e i contro. Ma non riusciva a trovare dei motivi determinanti per una scelta o per l'altra. Allora si era rivolto a don Paolo Gallo, col quale aveva vissuto una parte piuttosto pericolosa della sua vita, e in cui riponeva una grande fiducia.

Era andato in caserma, e si erano chiusi nel piccolo ufficio del colonnello Gallo. Il quale, ascoltato attentamente lo psicologo, gli aveva detto: "Dunque tu ritieni che il matrimonio non è un sacramento, ma è una specie di suggello, con la Chiesa che benedice, all'unione di un uomo e di una donna.