INCIPIT
Lunedì
Lo psicologo Nicola (Nik) Aquamonti capì subito che l'uomo cui aveva appena aperto la porta non era un tipo comune. Appariva magro, ma non emaciato, e per nulla curvo, nonostante il colore dei radi capelli ne rivelasse l'età avanzata. Erano di un bianco molto bello, e brillavano alla luce delle lampade del corridoio. Inoltre aveva qualcosa... qualcosa di familiare, di misteriosamente familiare.
Nik lo stava osservando in silenzio, quando il cuore ebbe un sussulto: quell'uomo anziano che occupava l'apertura della porta gli trasmetteva una forte sensazione di grande conoscenza, di saggezza. E la sensibilità dello psicologo, senza che lui dovesse fare ricorso alle proprie capacità extrasensoriali, lo aveva immediatamente avvertito.
Non si trovava di fronte al solito potenziale cliente in cerca di cure, che non poteva neppure attendere un appuntamento ma era costretto dall'ansia a presentarsi direttamente. No, si trattava di qualcuno ben diverso. Qualcuno che per qualche misteriosa ragione svettava su tutti quanti.
"Buongiorno", disse lo psicologo, e l'uomo rispose con un cenno del capo, sorridendo con simpatia, ma in maniera autorevole. Il suo sguardo era affettuoso. "Come quello di... un nonno", pensò Nik. Si fece da parte e il vecchio entrò. Si diresse verso lo studio, dando l'impressione di conoscere la strada, come facevano alle volte i clienti che si erano bene informati presso altri suoi pazienti. Raggiunse una poltroncina e guardò Nik, come per chiedergli il permesso di sedersi. Ma non lo attese e si accomodò.
Lo psicologo sentiva il proprio animo turbato, senza che capisse perché. Scordò di chiudere la porta e andò in fretta a occupare la poltroncina di fronte al visitatore. Lo guardò ma non riuscì a dire nulla. Perché si era accorto di essere immediatamente entrato in forte empatia con l'uomo. Sentì il bene, il buono, il favorevole alla vita, alla vita onesta, diritta. E il gusto per la conoscenza. Capì che il vecchio percepiva lo stesso da lui. Non parlavano, ma erano in fortissimo contatto. Entrambi possedevano delle grandiose capacità psichiche. Erano come due libri aperti. E si stavano leggendo vicendevolmente, anche se qualcosa di fondamentale rimaneva nascosto. Non leggevano le proprie vite, ma solo le proprie sensazioni, le capacità, in particolare i concetti morali che avevano elaborato.
Il tempo passava, ma sembravano non accorgersene.
Fu Nik a rompere il silenzio: "Lei non è qui per una terapia", riuscì a mormorare. E subito gli sembrò di aver detto qualcosa di sciocco. L'uomo sorrise: "No".
"Come posso aiutarla?", chiese allora lo psicologo. E nuovamente le sue parole gli parvero insulse. L'anziano visitatore si assestò meglio nella poltroncina. Scrutò intensamente Nik, come se volesse riconoscere qualcuno che conosceva tanto tempo prima. Poi parlò, con una voce piacevole, gentile e decisa, che allo psicologo sembrò di avere già sentito: "Le dirò poi cosa può fare. Prima devo agire io".
"Cosa intende con agire?", domandò Nik, che si sentiva sempre più affascinato da quella presenza.
"Aiutarla".
"Aiutarmi? Per quale motivo?". "La risposta è semplice: perché ne ha bisogno"...